mercoledì 29 maggio 2019

Quando cerchi un lavoro e trovi un test positivo...

Non so per quante di voi è stato così, ma io lo ammetto: ho rimandato spesso il momento della maternità a quando avrei avuto un lavoro stabile. Sarà poco romantico, sarà troppo lucido, ma è così.
Ho sempre pensato che una donna debba essere indipendente e allo stesso tempo responsabile delle proprie decisioni. E ho sempre pensato che la maternità sarebbe arrivata non solo col compagno giusto, ma anche col lavoro giusto. O, meglio, col contratto giusto. Ecco perchè la maternità è arrivata tardi. 37 anni, tra una settimana 38. Non perchè non si sia compiuta la prima condizione, per quella  forse ci ho messo un po', ma tutto sommato ho trovato la piena felicità senza troppi intoppi. Il problema è stata la seconda. Ho studiato, ho aspettato, lavorato sempre, anche più lavori contemporaneamente, sempre troppo precaria, sempre sotto pagata e sempre sovrastressata, ho tenacemente pensato che prima o poi la botta di culo sarebbe arrivata e avrei potuto quanto meno dare una stabilità alla mia vita e, quindi, anche a quella della creatura. E, infatti, appena ho perso l'ennesimo lavoro precario, sotto pagato e sovrestressato, ecco che mi si presenta la famosa "mancanza" e il test positivo. Insomma, la ciorta!

Eh si!

Disoccupata, incazzata con il mondo e incinta. Ma una notizia bellissima in un periodo di merda è pur sempre una notizia bellissima. Peccato che nei due mesi precedenti in cui ero stata senza lavoro e senza creatura io avessi inviato giusto quella trentina e più di CV tra Napoli e Roma per trovare il famoso lavoro di cui sopra. Non mi aveva chiamato chiaramente nessuno. Fino a quando non ho scoperto di essere incinta. A quel punto....scatenate l'inferno! Ho praticamente fatto più colloqui da gravida che da non gravida. E, allora, la mia domanda sorgeva spontanea:"E chi mi prende a lavorare sapendo già che a breve dovrà fare a meno di me?"
Nonostante tutto, mi lanciavo! Mi sentivo bene, non avevo problemi di nessun tipo, ero abile al lavoro come a tutto il resto. Non volevo rinunciare alla possibilità di confrontarmi con nuove realtà e mettermi alla prova. Avevo tutta l'intenzione di non vivere questa gravidanza come una malattia, ma non è stato facile decidere se essere sincera con il probabile futuro datore di lavoro o nascondere la mia condizione come nel più crudele film di Virzì sui giorni nostri.
Ho sempre optato per la sincerità. Ricevuto auguri, complimenti, belle parole, anche dal punto di vista professionale, ma per un motivo o per un altro niente lavoro. Non dipendente dalla gravidanza, eh! Ma a me restava sempre quel sospiro trattenuto in gola. I mesi passavano, la panza diventava evidente, fino a quando è stato inutile anche provarci. Ho lasciato che la storia andasse avanti da sè, senza forzare la mano, continuando le mie tante attività extra.


mercoledì 22 maggio 2019

L'umanità della mamma col neo

"Quando diventerai mamma, vedrai! Ora non puoi capire!"
Beh, io non ho capito per molto tempo e, forse, ancora non sto capendo. Ma quante volte ho sentito rivolgermi questa frase da"mamme" che, invece di spiegarmi le cose, le emozioni, le azioni fatte o non fatte, le decisione prese o non prese, i nervosismi o la stanchezza, la felicità o l'ansia, insomma l'umanità che c'è dietro l'essere mamma, hanno preferito liquidarmi con un "Non puoi capire!". Senza chiedersi neanche perchè non volessi ancora figli o se, forse, non ne potessi avere, mostrando anche insensibilità.

Troppo facile. Ma è troppo facile anche giudicare chi non riesce a spiegare e preferisce dire che tu non capisci. Quello che voglio dire è che nessuno è perfetto. E, forse, le neo mamme non lo sono ancora di più. Saranno gli ormoni, sarà il distacco fisico con una creatura che per nove mesi si è nutrita, formata e cresciuta grazie a te, zucandoti anche l'anima, sarà l'impreparazione che ti coglie a prescindere, che tu ti senta preparatissima o meno. E, allora, ammettiamolo! O, meglio, io lo ammetto pubblicamente! Ho voluto questo spazio tutto mio che, spero, diventi utile anche per qualcun altro, per dire a me stessa che non sono una neo mamma, piuttosto sono una mamma col neo. Quel neo che mi porto anche fisicamente dalla nascita ben visibile sul mento (e che ci portiamo geneticamente in famiglia, chissà se anche la creatura ce l'avrà...), ma soprattutto quel neo che ho dentro e che mi si ripropone in tutto quello che faccio, a dir la verità senza creare  danni irreparabili, ma rendendo uniche le cose che faccio. Come quelle che fate anche voi! Ogni gesto è irripetibile,  ogni decisione mai uguale all'altra e questo non vale mica solo per me. Questa è la nostra umanità. E io ho deciso di accettarla come se fosse proprio quest'umanità a renderci, poi, perfetti.

Voglio cominciare quest'avventura, ammettendo con tutti voi che non è vero! Non è vero che ci si sente mamme da quando vedi il test positivo o alla prima ecografia. Non nego che per qualcuna sia stato così, ma non pensate che sia figo dirlo o pare brutto negarlo. Per me, per esempio, non è stato così. 
Per quanto io abbia voluto un figlio, con una decisione presa col mio compagno in maniera molto naturale, senza pensare agli anni  biologici che passavano o a quelli  passati insieme per consolidarci come coppia, alle difficoltà economiche o alla casa piccola (cose che stiamo scontando ora, ma senza farcene un assillo), quando ho visto il risultato del test, le mie prime parole sono state:"Occazzo! Occazzo! Occazzo!". In questa sequenza e in decrescendo, presa dall'angoscia. Già capendo che non era una reazione normale, ma era la mia reazione, facendo riaffiorare per un momento ciò che dicevo fino a qualche anno prima quando qualcuno mi chiedeva quando facessi un figlio (lo so, ve lo chiedono a tutte prima o poi!):" Un figlio? Non sia mai! E dove lo metto?!" Intendendo, con quel "dove lo metto", sia una paura per il mondo a cui sarebbe andato incontro e sia alle mie giornate impegnate e piene che non prevedevano un ninnillo attaccato alla gonnolella. 


Poi, ho razionalizzato. Ma per un attimo ho pensato di aver scherzato col fuoco e mi ero bruciata. Insomma, un conto è dire di volere un figlio, un altro è farlo per davvero. E un altro ancora è sentirsi mamma di quel figlio che per i primi mesi ti porta nausea e stanchezza e abbracci e felicità da quanti apprendono la notizia. 
Ecco. Parliamo di questo. All'inizio gli altri erano più entusiasti di me. Non la vivevo bene questa cosa, ma per fortuna ho avuto un compagno straordinario che mi capisce senza che io faccia niente e mi ha protetto dal vortice di emozioni che mi circondava, vortice che a volte mi faceva  sentire 
inadeguata. Non come Deborah, ma come mamma. Poi ho capito il perché. Io non ero ancora mamma. La sola notizia di avere due cuori che battevano dentro di me non mi aveva reso mamma in automatico. Sentirsi mamma è naturale, ma non è automatico. In alcune donne, avviene prima, in altre dopo. In altre ancora, può non avvenire mai e nel mi lavoro, purtroppo, ho visto anche questo. 

Avete presente quando ti chiedono:"Allora? Com'è?"
A quel punto, non sai se rispondere con un mega sorriso esplosivo:"E' meraviglioso!!" o semplicemente ti viene in mente la scappatoia che hai subìto per anni e dici:"Non puoi capire!". 
Io ho sempre optato per un sincero e lapidario:"Boh!". Perchè era quella la mia sensazione! All'inizio ho avuto l'ansia per i chili che la ginecologa mi aveva detto di non prendere, mentre avrei mangìiato l'impossibile (a proposito, ho terminato con onestissimi 8kg e mezzo in più - tiè! ), stavo sempre a dare sangue per i miliardi di analisi che mi chiedevano, avevo post it per la casa per ricordarmi di prendere l'acido folico la mattina, il ferro prima di pranzo, le vitamine, comprese quelle di pesce schifosissime che ti risalgono la sera (che, detto tra noi, non ho preso per molte volte). E poi le raccomandazioni utili quanto impraticabili di chi mi stava intorno, come "non ti stancare", "dormi adesso che dopo..." e "non esagerare". Su quest'ultima, poi, mi vorrei soffermare. Esagerare rispetto a cosa? Ho smesso subito di giocare a pallavolo e di andare allo stadio. E non so se mi spiego. Ho evitato concerti vari. Parliamone. Ho diminuito del 98% il mio uso di alcol. Cioè, ci siamo capiti? E forse mi hanno fatto sentire mamma più queste rinunce che il test positivo! No, non è solo una battuta! E' che per la prima volta stavo facendo delle scelte non per me, nè per le persone che sapevo di amare, ma per qualcuno che neanche conoscevo ma che sapevo dipendesse da me. 
E ancora non mi sentivo mamma fino in fondo. 

Avevo in mente già da un po' di aprire questo blog (lo so, ormai sono vintage anche i blog, ma fa parte dei miei nei lo stare sempre un passo indietro), ma solo adesso ho deciso di farlo per davvero. Adesso che la sento muoversi nella mia pancia, ne riconosco il piede, il culetto, il singhiozzo (!!!), tutti i movimenti, e vi assicuro che ne fa a tutte le ore del giorno e della notte, ho capito che è arrivato il momento.  E' cominciato il mio tempo. Il tempo di essere mamma. Con un neo enorme, ma pur sempre una mamma.