martedì 31 dicembre 2019

"L'anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando. È questa la novità"

Caro amico ti scrivo...cantava così il grande Lucio Dalla, e canto così anche io in quest'ultimo giorno dell'anno che mi ha, ovviamente, cambiato la vita. L'avverbio non è usato a caso perché è ovvio che una mamma, seppur col neo, tiene tatuata sul cuore la data di nascita della propria figlia e questo 2019 mi risuonerà per sempre familiare, nel senso proprio letterale del termine.
Ma non prendiamoci in giro! Non è stato un anno facile. Altrimenti non avrei chiamato così questo blog. E posso dividerlo tranquillamente in due parti, i primi sei mesi e gli ultimi sei. Giugno fa da spartiacque. Un giugno in cui volevo scoppiare, aspettavo questa cosa strana, biblicamente dolorosa ma, a detta di tutti, meravigliosa che era il parto, le doglie, il respiro come nei film, il primo pianto e l'abbraccio con il mio compagno e lei sulla pancia. Invece è stato tutto completamente diverso. Più rocambolesco, più in solitudine, più avvilente, quello che è venuto dopo anche più traumatico. Un luglio da film di Castellitto tratto da un romanzo della Mazzantini.

Il 2019 è cominciato un con un viaggio in relax a Madrid con le persone giuste, nel periodo della gravidanza in cui ti senti un leone. Anche in quel caso ci sono stati i soliti detrattori di chi mi avrebbe voluta ferma sul divano a fare niente perché "Ma sei incinta!".
Appunto, incinta, non malata. A febbraio ho cominciato il mio nuovo lavoro, tornando in un quartiere che amo, che mi ha sempre accolta bene e che mi ha professionalmente cresciuta, il rione Sanità, ai Cristallini, laddove è nato mio padre, a due passi da dov'è nata mia madre, e dove avevo scelto mesi prima di farmi seguire                                                                                          durante la gravidanza.

Tutto tornava. E poiché ho lavorato fino all'ultimo giorno, avrei anche potuto partorirla praticamente lì. Sarebbe stato perfetto, se ci penso! Ad aprile ho fatto un viaggio in auto da sola per andare da mia sorella, con dieci soste pipì, ma portavo fiera la panza avanti nelle file. Una figata che auguro a tutte, e mi dispiace per i maschietti. A maggio, marciavo per il mio quartiere, San Giovanni a Teduccio, contro il degrado, l'abbandono, la camorra che mangiano i nostri territori. Alla fine del percorso ero esausta, ma sentivo di doverlo fare anche per lei. Questa è una frase che non avrei mai detto a maggio, chiariamoci! Non sono qui per scrivere bugie. Ma adesso, con Irene di là che ha ormai sei mesi, che dorme con lo stesso respiro pesante del padre,  con la sua testardaggine nel girarsi pancia sotto, nonostante il pupazzo che le abbiamo messo accanto per impedirglielo, con i  suoi sorrisi appena sveglia dopo "solo" 10 ore di sonno, beh! Almeno questo neo mi è scomparso, e ogni gesto che compio ha lei sullo sfondo come pensiero fisso. Dovrò essere per lei un buon esempio, non solo una madre che cerca di prendersi cura.
Il giorno in cui mi sono ricoverata per cominciare l'induzione al parto, ero sulla spiaggia di San Giovanni a vedere la statua uscire dalle acque, come speravo avrebbe fatto Irene da un momento all'altro. Ho creduto in un rito propiziatorio, invece sono solo morta di caldo.

Poi è arrivato il 27 giugno. un braccialetto rosa al polso e da lì non ci ho capito più granché.

Gli ultimi sei mesi di quest'anno strano, bello ma complicato, sono stati un giro sulle montagne russe.
Emotivamente, fisicamente, psicologicamente. Ospedali, cose nuove da imparare, ho fatto da infermiera, da piccola chimica, da accompagnatrice, da zavorra che piangeva solo, sono stata l'antipatica che non rispondeva ai messaggi e alle telefonate, nervosa, una corda di violino proprio, e lo sono tuttora, sono stata assente per molti, presente per pochi, polemica inutilmente, pessimista, poi cautamente ottimista, poi moderatamente felice, poi impaziente. E mi scuso con tutti. Ho imparato a cambiare pannolini con una mano e stomie con due dita, ho conosciuto medici che sono angeli in terra, ma anche dottoresse stronze che hanno dissacrato una delle mie prime volte con Irene al seno. Che uno s'immagina di farlo nella propria stanza, da sole, col sorriso e cantando una canzoncina, adagiata su un letto comodo o il divano di casa, e invece una mamma col neo lo fa in un reparto di patologia neonatale, con un filo attaccato alla propria bambina per sentirne i battiti e un occhio fisso sul monitor, su una sedia di ferro scomodissima, davanti a tante altre mamme, ognuna coi propri nei, e ai papà, uomini sconosciuti davanti ai quali denudarsi ma con discrezione, cercando di non togliersi il camice obbligatorio, e voi capite quanto è difficile?! E' molto difficile, è difficilissimo. Troppo per una imbranata come me.


E' stata  una seconda parte dell'anno in cui ho pianto molto e in molti modi diversi: di notte, negli orari di visita, in ospedale, a casa, in auto da sola, sotto la doccia, con le amiche di sempre, con mia sorella, sul petto di Roberto mentre lo faceva anche lui cercando di non farsene accorgere, di disperazione, di felicità per un suo sorriso perché lei, invece, sorride molto, pianti contro qualcosa, contro qualcuno, contro me stessa,  anche adesso mentre scrivo. Il primo bagnetto un disastro, il secondo meglio, adesso è una festa da Aquafan di Riccione.


Molte mamme avrebbero scritto dell'anno più bello della loro vita, io invece sono realista e so che qualcosa è stato terribile, per niente meraviglioso, a dirla tutta qualcosa è andata proprio di merda. E so anche che mi aspetta un altro anno bello, ma complicato. Ma lo finisco col sorriso, un po' più mamma di sei mesi fa, un po' più forte, e ancora con gli ormoni in subbuglio. E con più chili che in gravidanza, ma questa è un'altra storia.

Buon 2020 a tutti, ragazzi! E non pensate ai buoni propositi, ai buoni sentimenti e alla pace nel mondo! Pensate a vivere intensamente, tutto.
E restate umani, sempre.

mercoledì 13 novembre 2019

La trasformazione in una rampa di scale

La mia creatura è tranquillissima. Dorme tanto, mangia tutto, ride molto. Sono fortunata. Non ho le occhiaie, riesco a farmi una doccia, uno shampoo, perfino la pipì che per alcune sembra impresa ardua assai. Quando descrivo la mia creatura alle  mamme di creature più grandi mi arriva sempre, e dico sempre, il commento perfido: "Adesso si. Poi devi vedere dopo! Non dirlo ancora che poi te la tiri da sola!"

Vabbè, essere una mamma col neo significa pure dire la verità senza scaramanzia, essere felici per quello che si vive sul momento e non pensare agli esaurimenti futuri. Che per essere una mamma esaurita ci sta tempo.

Esiste però una categoria a parte di mamme, di quelle che i nei non sanno neanche cosa siano mai. E non parlo di mamme viste in tv, nè come protagoniste di serie tv (anzi, ultimamente ho visto Workin' Moms e ve la consiglio se avete partorite e state per tornare a lavoro!) e neanche di Belen Rodriguez, che sembra che al momento del parto si sia clonata: una a casa con il figlio e un'altra già dal giorno dopo a fare la soubrette in abiti attillati e scollati in tv. No, parlo di persone normalissime, che sono intorno a noi, sono nate sul pianeta terra come noi, non sono aliene anche se a guardarle bene potrebbero sembrarlo. Sono quelle che:

a) il mio parto è stato meraviglioso, veloce, pensavo avessi mangiato pesante e invece erano le contrazioni, senza dolore, solo due punti che se non me lo diceva il dottore manco me ne accorgevo, il papà ha fatto la foto/il video/la videochiamata con tutto il mondo/il filmino della comunione e pure dei diciotto anni, dieci minuti dopo mangiavo cozze, vongole e un chilo e mezzo di affettati, il bambino è venuto lui da me con la bocca aperta per venirsi a prendere il tantissimo latte che dieci minuti dopo già sgorgava con una montata lattea che montava senza pietà che rischiavo di affogarlo a quel creaturo;

b) il bambino è nato grande, rosa, con gli occhi aperti, diceva già mammà e papà e si cambiava il pannolino da solo;

c) hanno il cuscino per l'allattamento, il cuscino per dormire, il cuscino per la macchina, il cuscino per cambiare il pannolino, il cuscino per qualsiasi cosa perchè deve stare comoda la creatura e pure la mamma e poi, diciacocelo, è figo assai!

c) durante la gravidanza ho messo 30 chili, marò come mangiavo (non è vero, ma lo devono dire per farti sentire ancora più una merda per il post-partum) e poi con le nottate appresso al bambino (che ci tengono a dire che si sveglia solo per mangiare, senza manco piangere) e la gioia di stargli appresso li ho persi subito tutti e le vedi due settimane dopo già che indossano una 42 con una pancia perfettamente allineata con le ossa dei fianchi e con il seno che è tornato ad una seconda al massimo e non ti spieghi come faccia ad avere tutto quel latte;

d) sono tornate a lavoro due mesi dopo, con tutte le babysitter del mondo a disposizione, col capello sempre fatto dal parrucchiere, perfettamente truccate e vestite, ma con la foto della creatura sul cellulare per ricordarsi che hanno un figlio meraviglioso, altro che dispositivo anti abbandono.

La mamma col neo, invece, ha avuto un destino leggeremente diverso:

a)un travaglio che è durato una settimana, tre stimolazioni e alla fine il cesareo perchè chella capatosta della creatura non voleva incanalarsi e se la rideva mentre la mamma cercava di respirare come le avevano fatto vedere durante il corso pre parto, durante le interminabili contrazioni che sembravano pugnalate e senza neanche la soddisfazione di far vedere al papà la capozzella che usciva, per colpa del cesareo tutto il reparto sapeva che non aveva ancora incanalato e ciò significa digiuno, poi il thè, poi qualcosa di solido dopo una vita mentre sogni ancora gli affettati e le cozze che hai sognato per dieci mesi (perchè sono dieci, non fatevi ingannare!), e sempre per colpa del cesareo il latte viene più tardi perciò "hai voglia a spremmere, 'cca nun se magn' niente!";

b) la creatura è meravigliosa, questo è indubbio, ed è veramente rosa grazie al cesareo, nata tutta intera, ma proprio intera, nel senso che anche laddove avrebbe dovuto avere un buco non l'aveva (questa poi ve la spiego con calma), comunque sta di fatto che nel momento della giornata in cui la mamma perfetta canta la ninna nanna al bimbo che tiene in braccio, la mamma col neo si tira il latte con un mezzo elettrico gioendo per dieci gocce contate che finalmente escono, leggera illusione del momento, perchè la creatura non può ancora prenderla in braccio, rimandando il fatidico momento che tutti nel proprio immaginario di dieci, non nove, mesi vivono quando sono ancora in sala parto, la creatura non si cambia i pannolini da sola, ma non devi farlo così spesso neanche tu e non sono pieni di cacca puzzolente per la questione del buco di cui sopra...tiè! Un punto per me!

c) ti è capitato di darle il latte anche in piedi perchè hai divano e letto pieni di cose che devi togliere da mezzo, tra carrozzini/vestiti da stirare/quadrati da lavare/dondolino/libri/computer ecc ecc;



ma soprattutto

d) ancora ho difficoltà ad organizzarmi con il lavoro, qualcosa da casa, qualcosa fuori ma per poco tempo, qualcosa con lei appresso, qualcosa mentre la porto dal pediatra, qualcosa mentre va a fare la vaccinazione, qualcosa mentre le dò la crema di riso, qualcosa mentre la faccio addormentare, qualcosa mentre cucino. In tutti i casi, nonostante i pochissimi chili presi durante la gravidanza sembrano essere raddoppiati subito dopo e questo fatto proprio non te lo spieghi, provo ad essere ancora una donna, questa volta senza nei, o, meglio, senza peli sul neo e, chiaramente, puntualmente succede che prima di scendere di casa ho il capello stirato, lo smalto impeccabile, la maglia stirata, il sorriso più splendente che abbia mai avuto e poi,  dopo una rampa di scale con in una mano il chicchetto con la creatura che ora pesa quasi sette chili e nell'altra le ruote, la borsa e lo zaino sulle spalle e il telefono che ti sta squillando proprio in quel momento ed è sempre papà che comincia ad andare in ansia se non rispondi, arrivo all'auto che sono un cesso ambulante. Trucco sciolto, capelli del peggior Ozzy Osbourne, tutta stropicciata, pantalone sceso che pare abbia perso dieci chili in una volta salvo poi capire che in realtà si è solo arrotolato proprio perchè c'hai ancora la panza, lo smalto saltato al centro del dito, e la bocca a culo di gallina con la palpebra che ti sbatte per il nervosismo.
Però, una volta messa la creatura in auto, le allacci la cintura, la guardi e le regali di nuovo il sorriso più splendente che abbia mai avuto.

giovedì 22 agosto 2019

Io vengo dalla luna. Ovvero, come sopravvivere al gruppo whatsapp del corso pre-parto

Io non so se qualcuno se n'è accorto, ma non scrivo da un bel po'.
Beh, nel frattempo ho avuto un pochino da fare. Ho  spantecato molto, ma finalmente ho partorito 4kg di polpume, con ben due settimane di ritardo dalla data presunta (poi scriverò un capitolo a parte sul momento in cui ti chiedono la data presunta del parto, su quando tu orgogliosamente e stranamente la sai come quando ti interrogava la prof di storia e ti chiedeva una data precisa e tu inspiegabilmente ti ricordavi proprio quella e ti si allargava un grande "afammocc!" sul viso, ma poi subito dopo ti chiedono "Ma questa è già con la settimana che si prende il ginecologo?"...cioè, in che senso?!!! Non lo so, è quella che ho dato all'INPS per il bonus bebè! Dimostrando inequivocabilmente un neo grosso quanto tutti quelli di Vespa messi insieme).

Insomma, dicevo, è nata Irene e prima o poi farò un post semi-serio sul parto e ciò che è successo dopo. Devo ancora elaborare. In tutti i casi, mentre finalmente ricomicio a scrivere, "moto perpetuo Irene" è qui vicino a me che vi saluta cacciando la lingua (non è già così spiritosa, è che a due mesi i bimbi lo fanno sempre, anche se inevitabilmente quando lo fa a me, io, come una riconglionita, faccio lo sguardo arrabbiato e le dico "Cacci la lingua a mamma?! Disgrazieta maledetta! Nossifa!". Tranquille, lo farete o lo avrete fatto anche voi, ne sono certa!)



Oggi, però, voglio fare un salto indietro nel tempo e raccontare il mio incontro/scontro con il corso pre-parto. Confesso di esserci andata già con molti pregiudizi, memore di tutte le mie amiche impazzite appresso ai gruppi whatsapp dei corsi pre-parto (sì, lo so, ancora devo vedere quelli delle mamme di scuola!). E confesso anche che quando sono andata per iscrivermi e mi hanno detto che erano già al quarto incontro, ma avrei potuto comunque inserirmi in corsa, ho pensato che avevo scansato alla grande la formazione del gruppo whatsapp. Evvai!
Invece, alla fine dell'incontro una della future mamme, la più agguerrita di tutte, ci ferma: "Aspettate! Datemi i numeri che dobbiamo fare il gruppo! Abbiamo sempre rimandato, ma ora dobbiamo farlo!" "Doh!" Mi chiedo ancora adesso perchè abbiano sempre rimandato aspettando il quarto incontro per formarlo. Insomma, non ho avuto scampo. 

E da lì via con "Buongiornissimo" e "Buonanottissima", ma anche domande ansiogene tipo:"Stavo sbucciando le carote e mi è andato a finire un pezzettino di buccia nell'occhio. Ho preso la toxoplasmosi secondo voi?" con la mia risposta sdrammatizzante:"Buahahahah",  convinta che stesse scherzando. Poi ho capito che faceva sul serio e mi sono affrettata a scrivere:"Scusa, ho sbagliato chat!". Oppure una volta mi sono trovata il cell invaso da foto di cassetti aperti pieni di abiti per neonati rigorosamente sterilizzati e incellofanati. Per chi postava le foto mancavano almeno tre mesi al parto, a me ne mancava uno e non avevo manco i cassetti. Giuro. E ricordo anche una sequenza infinita di messaggi vocali e foto di prodotti su come preparare il capezzolo, sì il capezzolo, alla boccuccia dei nostri fantastici bimbetti tanto teneri. Senza pensare che quando hanno fame si trasformano in Regan McNeil e in mancanza di un esorcista nelle vicinanze (in realtà io ce l'avrei, ma questa è un'altra storia), si avvinghiano a qualsasi cosa abbiano a portata di bocca. Dita, ciucci, nasi, guance.  Quindi, tranquille, il vostro capezzolo rimpiangerà i tempi in cui facevate giochi erotici con i vostri compagni! Questo ho evitato di scriverlo nel gruppo. Già avevano mal digerito il mio "buahahaha" sulla questione della carote. 
Ma la volta in cui mi sono sentita veramente una mamma che viene da Marte è quando hanno chiesto:"Ma voi avete preparato il sacco nascita?" Il saccoche??? Lì ho optato per l'aiuto da casa. Ho chiesto ad amiche già mamme e ho scoperto un mondo fatto di cose che voi umani non poreste neanche immaginare. E quando l'ho scoperto mi sono vergognata di me stessa e ho deciso di avvalermi della facoltà di non rispondere.  Per fortuna l'ospedale in cui ho partorito non  prevedeva cambi portati da noi mamme col neo. 

Perchè non ne sono uscita vi chiederete...beh! Credetemi, non è facile. E a dirla tutta ci sono ancora dentro. Perchè poi alla fine ci rincoglioniamo tutte, pur conservando la nostra personalità. Continuo a non rispondere quando si parla di cuscini per l'allattamento e di assorbenti per il capoparto, ma rispondo sempre presente quando ci mostriamo le foto dei nostri tesori. Sarò pure una mamma col neo, ma ho spantecato molto per partorire 4kg di polpume. L'aggia fa' vere'!

p.s. A parte l'ironia, consiglio a tutte e tutti di partecipare al corso di preparazione alla nascita. Non prepara mai veramente alla nascita, ma ti dà l'impressione di farlo. Ed è già un buon inizio.

venerdì 14 giugno 2019

Sarà tutto rose e fiori...comprese le spine!

I capelli sono più lucenti. 
Hai i tratti del viso più morbidi.
Hai la pelle più luminosa.
Hai una luce negli occhi nuova, meravigliosa. 
Hai un sorriso che dice tutto!

Questo, i primi mesi. Anzi, i secondi tre, perchè nei primi tre probabilmente starai vomitando anche l'anima quando meno te lo aspetti, tipo quando passi davanti ad un bar per l'odore del caffè, tu che fino a un momento prima prendevi anche dieci caffè al giorno, tra necessità e compagnia. 

Diciamo che lo stato di grazia è riservato soprattutto tra quarto e sesto mese. Fino a quel momento, per le più fortunate perchè conosco anche chi ha vomitato per tutti e nove i mesi, è tutto rose e fiori.
Devi solo sottoporti a milioni di analisi che ti faranno rimpiangere le zanzare estive per quanto sangue doni alla causa, devi solo prendere un po' di pillole, ma niente di insopportabile: acido folico, vitamine di cui una al sapor di pesce terribile che ti risale come manco i perperoni fritti a mezzanotte (cosa che ho sempre digerito benissimo tra l'altro), ferro. Ma, ripeto, nulla di insopportabile.


Ci sono però cose che, voglio giurarci, non vi hanno mai detto. Dolori di cui non vi hanno riferito e io non vedo l'ora di colmare questa lacuna, perchè una mamma col neo non può pensare che sia tutto splendido splendente, ma deve sapere che di splendente alla fine rimarranno solo i capelli. Forse.

Man mano che il pancione cresce sapete dove si poggerà? Sull'osso pelvico. Si proprio lì! Esattaemente lì da dove uscirà la creatura. Che se volete evitare di pensarci che debba uscire da lì, arrivando incoscienti al fatidico giorno del "respira, spingi, respira, spingi", non è possibile! Avrete un dolore all'osso del pube che vi ricorderà ogni giorno che a breve sarà "lei" la protagonista e non potrete sottrarvi. Ebbene, la prima volta che l'ho provato pensavo di morire. Non riuscivo a camminare, a girarmi nel letto, ad alzarmi dal letto. E ho maledetto tutti coloro che mi dicevano che la gravidanza è uno stato di grazia. E grazie 'e fa' a Maronn'  e io sicuramente non lo sono. 
Ho addirittura visto che al policlinico esiste un centro per il dolore pelvico cronico. Questa cosa mi ha spaventato molto quando l'ho vista. E non ve la racconta nessuno. O, almeno, a me non l'hanno raccontata. 


Nelle ultime settimane, inoltre, soprattutto se si partorisce col caldo,  mantenere una certa femminilità  sia nell'abbigliamento che nella camminata è un'impresa ardua assai. Ti senti un giglio alzato da ubriachi (consentitemi l'omaggio ai miei amici barresi). I piedi che hai cercato anche di curare  per averli pronti al sandalo estivo, ora vorresti coprirli con le tue adorate Dr. Martens viola invernali che ormai non ti entrano più: non sono piedi gonfi, sono delle zampogne vergognose che non sai come nascondere. E non lo fai  sia perchè per la panza non riesci più ad allacciarti le scarpe e poi  perchè il caldo ti fa perdere ogni inibizione. Senza scuorno proprio. Porti in giro piedi e caviglie a palla come se fossero quelli di Charlize Theron. Tanto ti hanno detto che la gravidanza è uno stato di grazia. Quindi puoi permetterti tutto. Ma siamo proprio sicure?

In tutto ciò non ti senti un'eroina a sopportare tutto ciò, solo una da compiacere, e i veri eroi sono i nostri compagni che ci vedono belle anche così. Confermandoti che la paternità rincoglionisce almeno quanto la maternità e la nonnità.

Per quanto riguarda noi, invece, voglio dedicarci una citazione del grande Enzuccio Avitabile:"P'ammore d'a rosa, si sopportan'e spine..."
Nulla di più vero, amiche mie. Nulla di più vero. 

mercoledì 29 maggio 2019

Quando cerchi un lavoro e trovi un test positivo...

Non so per quante di voi è stato così, ma io lo ammetto: ho rimandato spesso il momento della maternità a quando avrei avuto un lavoro stabile. Sarà poco romantico, sarà troppo lucido, ma è così.
Ho sempre pensato che una donna debba essere indipendente e allo stesso tempo responsabile delle proprie decisioni. E ho sempre pensato che la maternità sarebbe arrivata non solo col compagno giusto, ma anche col lavoro giusto. O, meglio, col contratto giusto. Ecco perchè la maternità è arrivata tardi. 37 anni, tra una settimana 38. Non perchè non si sia compiuta la prima condizione, per quella  forse ci ho messo un po', ma tutto sommato ho trovato la piena felicità senza troppi intoppi. Il problema è stata la seconda. Ho studiato, ho aspettato, lavorato sempre, anche più lavori contemporaneamente, sempre troppo precaria, sempre sotto pagata e sempre sovrastressata, ho tenacemente pensato che prima o poi la botta di culo sarebbe arrivata e avrei potuto quanto meno dare una stabilità alla mia vita e, quindi, anche a quella della creatura. E, infatti, appena ho perso l'ennesimo lavoro precario, sotto pagato e sovrestressato, ecco che mi si presenta la famosa "mancanza" e il test positivo. Insomma, la ciorta!

Eh si!

Disoccupata, incazzata con il mondo e incinta. Ma una notizia bellissima in un periodo di merda è pur sempre una notizia bellissima. Peccato che nei due mesi precedenti in cui ero stata senza lavoro e senza creatura io avessi inviato giusto quella trentina e più di CV tra Napoli e Roma per trovare il famoso lavoro di cui sopra. Non mi aveva chiamato chiaramente nessuno. Fino a quando non ho scoperto di essere incinta. A quel punto....scatenate l'inferno! Ho praticamente fatto più colloqui da gravida che da non gravida. E, allora, la mia domanda sorgeva spontanea:"E chi mi prende a lavorare sapendo già che a breve dovrà fare a meno di me?"
Nonostante tutto, mi lanciavo! Mi sentivo bene, non avevo problemi di nessun tipo, ero abile al lavoro come a tutto il resto. Non volevo rinunciare alla possibilità di confrontarmi con nuove realtà e mettermi alla prova. Avevo tutta l'intenzione di non vivere questa gravidanza come una malattia, ma non è stato facile decidere se essere sincera con il probabile futuro datore di lavoro o nascondere la mia condizione come nel più crudele film di Virzì sui giorni nostri.
Ho sempre optato per la sincerità. Ricevuto auguri, complimenti, belle parole, anche dal punto di vista professionale, ma per un motivo o per un altro niente lavoro. Non dipendente dalla gravidanza, eh! Ma a me restava sempre quel sospiro trattenuto in gola. I mesi passavano, la panza diventava evidente, fino a quando è stato inutile anche provarci. Ho lasciato che la storia andasse avanti da sè, senza forzare la mano, continuando le mie tante attività extra.


mercoledì 22 maggio 2019

L'umanità della mamma col neo

"Quando diventerai mamma, vedrai! Ora non puoi capire!"
Beh, io non ho capito per molto tempo e, forse, ancora non sto capendo. Ma quante volte ho sentito rivolgermi questa frase da"mamme" che, invece di spiegarmi le cose, le emozioni, le azioni fatte o non fatte, le decisione prese o non prese, i nervosismi o la stanchezza, la felicità o l'ansia, insomma l'umanità che c'è dietro l'essere mamma, hanno preferito liquidarmi con un "Non puoi capire!". Senza chiedersi neanche perchè non volessi ancora figli o se, forse, non ne potessi avere, mostrando anche insensibilità.

Troppo facile. Ma è troppo facile anche giudicare chi non riesce a spiegare e preferisce dire che tu non capisci. Quello che voglio dire è che nessuno è perfetto. E, forse, le neo mamme non lo sono ancora di più. Saranno gli ormoni, sarà il distacco fisico con una creatura che per nove mesi si è nutrita, formata e cresciuta grazie a te, zucandoti anche l'anima, sarà l'impreparazione che ti coglie a prescindere, che tu ti senta preparatissima o meno. E, allora, ammettiamolo! O, meglio, io lo ammetto pubblicamente! Ho voluto questo spazio tutto mio che, spero, diventi utile anche per qualcun altro, per dire a me stessa che non sono una neo mamma, piuttosto sono una mamma col neo. Quel neo che mi porto anche fisicamente dalla nascita ben visibile sul mento (e che ci portiamo geneticamente in famiglia, chissà se anche la creatura ce l'avrà...), ma soprattutto quel neo che ho dentro e che mi si ripropone in tutto quello che faccio, a dir la verità senza creare  danni irreparabili, ma rendendo uniche le cose che faccio. Come quelle che fate anche voi! Ogni gesto è irripetibile,  ogni decisione mai uguale all'altra e questo non vale mica solo per me. Questa è la nostra umanità. E io ho deciso di accettarla come se fosse proprio quest'umanità a renderci, poi, perfetti.

Voglio cominciare quest'avventura, ammettendo con tutti voi che non è vero! Non è vero che ci si sente mamme da quando vedi il test positivo o alla prima ecografia. Non nego che per qualcuna sia stato così, ma non pensate che sia figo dirlo o pare brutto negarlo. Per me, per esempio, non è stato così. 
Per quanto io abbia voluto un figlio, con una decisione presa col mio compagno in maniera molto naturale, senza pensare agli anni  biologici che passavano o a quelli  passati insieme per consolidarci come coppia, alle difficoltà economiche o alla casa piccola (cose che stiamo scontando ora, ma senza farcene un assillo), quando ho visto il risultato del test, le mie prime parole sono state:"Occazzo! Occazzo! Occazzo!". In questa sequenza e in decrescendo, presa dall'angoscia. Già capendo che non era una reazione normale, ma era la mia reazione, facendo riaffiorare per un momento ciò che dicevo fino a qualche anno prima quando qualcuno mi chiedeva quando facessi un figlio (lo so, ve lo chiedono a tutte prima o poi!):" Un figlio? Non sia mai! E dove lo metto?!" Intendendo, con quel "dove lo metto", sia una paura per il mondo a cui sarebbe andato incontro e sia alle mie giornate impegnate e piene che non prevedevano un ninnillo attaccato alla gonnolella. 


Poi, ho razionalizzato. Ma per un attimo ho pensato di aver scherzato col fuoco e mi ero bruciata. Insomma, un conto è dire di volere un figlio, un altro è farlo per davvero. E un altro ancora è sentirsi mamma di quel figlio che per i primi mesi ti porta nausea e stanchezza e abbracci e felicità da quanti apprendono la notizia. 
Ecco. Parliamo di questo. All'inizio gli altri erano più entusiasti di me. Non la vivevo bene questa cosa, ma per fortuna ho avuto un compagno straordinario che mi capisce senza che io faccia niente e mi ha protetto dal vortice di emozioni che mi circondava, vortice che a volte mi faceva  sentire 
inadeguata. Non come Deborah, ma come mamma. Poi ho capito il perché. Io non ero ancora mamma. La sola notizia di avere due cuori che battevano dentro di me non mi aveva reso mamma in automatico. Sentirsi mamma è naturale, ma non è automatico. In alcune donne, avviene prima, in altre dopo. In altre ancora, può non avvenire mai e nel mi lavoro, purtroppo, ho visto anche questo. 

Avete presente quando ti chiedono:"Allora? Com'è?"
A quel punto, non sai se rispondere con un mega sorriso esplosivo:"E' meraviglioso!!" o semplicemente ti viene in mente la scappatoia che hai subìto per anni e dici:"Non puoi capire!". 
Io ho sempre optato per un sincero e lapidario:"Boh!". Perchè era quella la mia sensazione! All'inizio ho avuto l'ansia per i chili che la ginecologa mi aveva detto di non prendere, mentre avrei mangìiato l'impossibile (a proposito, ho terminato con onestissimi 8kg e mezzo in più - tiè! ), stavo sempre a dare sangue per i miliardi di analisi che mi chiedevano, avevo post it per la casa per ricordarmi di prendere l'acido folico la mattina, il ferro prima di pranzo, le vitamine, comprese quelle di pesce schifosissime che ti risalgono la sera (che, detto tra noi, non ho preso per molte volte). E poi le raccomandazioni utili quanto impraticabili di chi mi stava intorno, come "non ti stancare", "dormi adesso che dopo..." e "non esagerare". Su quest'ultima, poi, mi vorrei soffermare. Esagerare rispetto a cosa? Ho smesso subito di giocare a pallavolo e di andare allo stadio. E non so se mi spiego. Ho evitato concerti vari. Parliamone. Ho diminuito del 98% il mio uso di alcol. Cioè, ci siamo capiti? E forse mi hanno fatto sentire mamma più queste rinunce che il test positivo! No, non è solo una battuta! E' che per la prima volta stavo facendo delle scelte non per me, nè per le persone che sapevo di amare, ma per qualcuno che neanche conoscevo ma che sapevo dipendesse da me. 
E ancora non mi sentivo mamma fino in fondo. 

Avevo in mente già da un po' di aprire questo blog (lo so, ormai sono vintage anche i blog, ma fa parte dei miei nei lo stare sempre un passo indietro), ma solo adesso ho deciso di farlo per davvero. Adesso che la sento muoversi nella mia pancia, ne riconosco il piede, il culetto, il singhiozzo (!!!), tutti i movimenti, e vi assicuro che ne fa a tutte le ore del giorno e della notte, ho capito che è arrivato il momento.  E' cominciato il mio tempo. Il tempo di essere mamma. Con un neo enorme, ma pur sempre una mamma.