Non so per quante di voi è stato così, ma io lo ammetto: ho rimandato spesso il momento della maternità a quando avrei avuto un lavoro stabile. Sarà poco romantico, sarà troppo lucido, ma è così.
Ho sempre pensato che una donna debba essere indipendente e allo stesso tempo responsabile delle proprie decisioni. E ho sempre pensato che la maternità sarebbe arrivata non solo col compagno giusto, ma anche col lavoro giusto. O, meglio, col contratto giusto. Ecco perchè la maternità è arrivata tardi. 37 anni, tra una settimana 38. Non perchè non si sia compiuta la prima condizione, per quella forse ci ho messo un po', ma tutto sommato ho trovato la piena felicità senza troppi intoppi. Il problema è stata la seconda. Ho studiato, ho aspettato, lavorato sempre, anche più lavori contemporaneamente, sempre troppo precaria, sempre sotto pagata e sempre sovrastressata, ho tenacemente pensato che prima o poi la botta di culo sarebbe arrivata e avrei potuto quanto meno dare una stabilità alla mia vita e, quindi, anche a quella della creatura. E, infatti, appena ho perso l'ennesimo lavoro precario, sotto pagato e sovrestressato, ecco che mi si presenta la famosa "mancanza" e il test positivo. Insomma, la ciorta!
Eh si!
Disoccupata, incazzata con il mondo e incinta. Ma una notizia bellissima in un periodo di merda è pur sempre una notizia bellissima. Peccato che nei due mesi precedenti in cui ero stata senza lavoro e senza creatura io avessi inviato giusto quella trentina e più di CV tra Napoli e Roma per trovare il famoso lavoro di cui sopra. Non mi aveva chiamato chiaramente nessuno. Fino a quando non ho scoperto di essere incinta. A quel punto....scatenate l'inferno! Ho praticamente fatto più colloqui da gravida che da non gravida. E, allora, la mia domanda sorgeva spontanea:"E chi mi prende a lavorare sapendo già che a breve dovrà fare a meno di me?"
Nonostante tutto, mi lanciavo! Mi sentivo bene, non avevo problemi di nessun tipo, ero abile al lavoro come a tutto il resto. Non volevo rinunciare alla possibilità di confrontarmi con nuove realtà e mettermi alla prova. Avevo tutta l'intenzione di non vivere questa gravidanza come una malattia, ma non è stato facile decidere se essere sincera con il probabile futuro datore di lavoro o nascondere la mia condizione come nel più crudele film di Virzì sui giorni nostri.
Nonostante tutto, mi lanciavo! Mi sentivo bene, non avevo problemi di nessun tipo, ero abile al lavoro come a tutto il resto. Non volevo rinunciare alla possibilità di confrontarmi con nuove realtà e mettermi alla prova. Avevo tutta l'intenzione di non vivere questa gravidanza come una malattia, ma non è stato facile decidere se essere sincera con il probabile futuro datore di lavoro o nascondere la mia condizione come nel più crudele film di Virzì sui giorni nostri.
Ho sempre optato per la sincerità. Ricevuto auguri, complimenti, belle parole, anche dal punto di vista professionale, ma per un motivo o per un altro niente lavoro. Non dipendente dalla gravidanza, eh! Ma a me restava sempre quel sospiro trattenuto in gola. I mesi passavano, la panza diventava evidente, fino a quando è stato inutile anche provarci. Ho lasciato che la storia andasse avanti da sè, senza forzare la mano, continuando le mie tante attività extra.

